LABRUSCO e cambiamenti climatici.

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LABRUSCO e cambiamenti climatici.

La viticoltura è una delle attività agricole più suscettibili alle variazioni di temperatura e umidità, come agli eventi avversi, quali gelate, grandinate e ondate di calore. 

Nell’ultimo decennio, però, il vino ha risentito sempre più dei cambiamenti climatici, diventati ormai strutturali e in grado di modificare notevolmente la geografia enologica, in Italia come altrove. Come sta cambiando, quindi, la produzione, e come questo si riflette nelle caratteristiche sensoriali di ciò che arriva sulle tavole? 

Ed è possibile sfruttare in senso positivo queste variazioni? 

 

Cambia il clima, cambia il vino

Il cambiamento climatico è una certezza scientifica assodata, che ormai da diversi anni impegna l’umanità in una rincorsa per contenere l’aumento delle temperature. 

Tra gli indicatori più evidenti ci sono le vendemmie anticipate, e su larga scala la migrazione a quote più alte e verso Nord dei vigneti, dove fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile trovarli.

I cambiamenti climatici, infatti, determinano variazioni significative di carattere sensoriale e organolettico, e sono tanti i casi esemplari che riprovano la delicatezza degli equilibri necessari per ottenere produzioni soddisfacenti per qualità e per quantità, o quantomeno conformi agli standard attesi. 

 

Sono a rischio i vitigni

Secondo una ricerca realizzata dall’Istituto nazionale francese della ricerca agronomica (Inra), se, come ormai previsto, entro il 2050 le temperature medie salissero di 2 gradi centigradi, il 56% delle attuali regioni vitivinicole nel mondo potrebbe sparire

A soffrire sarebbe soprattutto l’area mediterranea, ma anche le zone come le nostre terre del Sorbara, conosciute principalmente per la produzione del vino, nel nostro caso del lambrusco, subirebbero un notevole contraccolpo.

 

Puntare sulla biodiversità

Per contrastare questo declino, una soluzione improntate all’adattamento alle nuove condizioni, nel rispetto di una visione agroecologica

Innanzitutto, occorre comprendere a fondo la capacità dei diversi vitigni – specialmente di quelli autoctoni – di adattarsi ai cambiamenti. 

A tal fine, l’aumento della biodiversità agricola in vigna potrebbe dimezzare le perdite delle zone vitivinicole in uno scenario climatico sfavorevole.

Oltre a questo, è fondamentale favorire la consapevolezza e la sensibilità dei consumatori, incoraggiandoli a provare e preferire nuove varietà. 

Così facendo, anche le aziende saranno spinte a diversificare la loro produzione e ad accrescere il loro potenziale di adattamento, come tante peraltro stanno già facendo.

 

fonte: il giornale del cibo

 

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